LUOGHI PARLANTI


                                           UN FIORDALISO SPINOSO


Sono un antico fiordaliso, semplice e spinoso, che ha qualcosa da raccontarvi. Prima di salutarvi definitivamente. E caso mai possa interessarvi.

Ho vissuto trenta milioni di anni, forse anche di più, e ora mi dicono che la mia fine potrebbe essere imminente. Il motivo? Ovunque c'è fame di terre rare, così voi le chiamate, siete a caccia di minerali speciali. E' una fame che giustifica qualunque distruzione e annientamento, anche l'assassinio. Per la verità, ho temuto che la mia vita fosse in serio pericolo anche nel secolo scorso, quando le imprese Bagno, Benassi e Ponti hanno preso d'assedio questa collina, sino a sventrarla lungamente, come un animale indifeso, per poi lasciarla oscenamente in vista. Anche una strada hanno costruito, qui accanto, spazzando via alcuni miei fratelli, sconosciuti ai più, proprio come lo sono io, fratelli della mia stessa età, che avevano sempre vissuto senza mai farsi notare e in assoluta povertà.

Dunque, ogni giorno di più c'è fame di terre rare, e poco conta se in queste terre ci sono io e tante altre creature che così verrebbero sacrificate, sottratte a voi e alla collina. Si muore anche così, per un pugno di terra che viene portato chissà dove. Del resto, io non sono che un anonimo, umile fiordaliso spinoso. Sarà per questo che in tutto questo tempo non avete mai incrociato il mio sguardo? Non ne ero degno? Sarà forse una questione di lignaggio? Certo è che io non conosco il vostro sguardo e voi non conoscete il mio.

E pensare che siete passati qui davanti a me migliaia di volte, in auto o a piedi, persino in processione, ma sempre con lo sguardo frettoloso, talmente distratti da non rendervi conto che la mia presenza in questo territorio non è rara, ma unica. Se poi andate in giro per la Sardegna, dalle coste sino alle montagne, mi troverete davvero pochissime volte.                                                       


                   CALATA NOTTURNA SU UNA FALESIA DI SAN LORENZO  -  OSILO                    

SAN LORENZO - OSILO

                          SARDEGNA

La valle dei mulini

                                             www.baddelontana.it


Il sentiero dei mulini. Qui il tempo scorre insieme al torrente e il silenzio accoglie il visitatore con discrezione; e, se lo desidera, lascia che la propria intimità si affidi alla sua. In fondo, la solitudine di questo sentiero è solo apparente: i mugnai che qui hanno vissuto per secoli, insieme ai loro mulini, non cessano mai di diffondere nell'aria e ovunque la loro voce. In realtà, a differenza del cosiddetto Sentiero dei mulini, la collocazione degli stessi, disposti quasi sempre in fila indiana, ha interessato per secoli tutta la valle, erano mulini costruiti più o meno vicini al torrente, alimentati giorno e notte dalle stesse acque sorgive. Perciò, il Sentiero dei mulini costituisce soltanto una porzione di tutta la valle, non ne fanno parte né l'inizio né la fine. 

Ciononostante, appena ti inoltri lungo questo singolare sentiero, e ti ritrovi immerso nell'armonia della valle, ti rendi subito conto che si tratta di un luogo della memoria, anche di quella più remota, dei mulini e dei mugnai. La natura, il torrente, le sorgenti, le grotte, dunque non soltanto i mulini, tutto qui ricorda e insieme rivive, nel più misterioso dei silenzi, una storia di uomini e di gesti, di volti e di passi, così che anche tu avverti di respirare la stessa aria di una volta, che qui sembra immobile proprio come il tempo. 

Certo il sentiero non è più quello di una volta, soprattutto il torrente. Quando il letto in cui scorre, così i canali e le gore, ritrovavano a Pasqua una nuova vita, tutti venivano rinnovati da cima a fondo così come si rinnova lo sguardo quando qui si rivolge alla Santa Croce e dunque al cielo. Quel giorno tutti gli abitanti si ingegnavano con pazienza nel ripulire meticolo-samente anche il più nascosto degli angoli. Niente doveva ostacolare il corso dell'acqua, niente poteva deturpare la sua quiete, la sua limpida bellezza. Non era un'attività come un'altra, occasionale e generica; a questa attività si sentivano chiamati proprio tutti, ogni anno, il giorno dopo Pasqua. Era una sorta di accurato rituale, una cerimonia collettiva dedicata al torrente, alla sua instancabile energia che giorno e notte riversava generosamente sulle ruote dei mulini. Del resto, il torrente, non era forse considerato dagli abitanti il grande donatore di vita? Tutto, proprio tutto, in ogni stagione, dipendeva da lui, anche dal suo umore. 

Oggi il sentiero dei mulini inizia pochi metri dopo la casa dove è morto il bambino in memoria del quale è stata composta nel 1972 la canzone Badde lontana. Da qualche tempo, questo luogo è diventato quasi una meta di pellegrinaggio, come a volergli rendere omaggio, e a voler dare continuità ai dieci mesi di esistenza che ha potuto vivere.  Anche scrutato dall'altopiano, il sentiero dei mulini se ne sta ostinatamente nascosto, quasi volesse riservare i suoi segreti al viaggiatore che lo sceglie fra tanti altri. Lo sceglie e lo percorre con la stessa curiosità di un bambino che immerge i suoi occhi ovunque, e magari sogna di fare un viaggio nel passato, come fosse nel futuro. 

Durante questo viaggio, sospinti dalla suggestione dei luoghi, è possibile fare gli incontri più impensabili. Mulini e mugnai, prima di tutto, ma anche qualcuno che non ha mai avuto un mulino, la cui casa se ne stava in qualche modo lungo il torrente; anzi, soprattutto lui ci stava. E' il pescatore di anguille, Antonio Piliarvu, "Peddone"... Lui le anguille le pescava d'estate come d'autunno, anche nei modi più stravaganti. Trappole, canna da pesca, con le buone e con le cattive. Ma Peddone, noto pescatore di anguille, era anche capace di procurarti qualunque cosa... ovviamente attingendo dalla campagna, da frutteti, vigneti e orti. Qualunque richiesta gli venisse fatta, lui era capace di vendere di tutto, sapeva procurarsi anche di ciò che non possedeva.

In fatto di storie, poi, ne sapeva raccontare senza limiti di immaginazione, agli adulti e ai ragazzi. Nessuno gli credeva, tanto apparivano assurdi i suoi racconti, ma tutti lo ascoltavano, allegramente, proprio perché le sue storie erano decisamente surreali, difficili da credere vere. Soprattutto, raccontava delle sue avventure da soldato, durante la seconda guerra mondiale. Era stato in Croazia, un Paese che ai più suonava come un luogo inventato. Era stato sicuramente un soldato dai gesti azzardati, basti pensare che per procurarsi una sigaretta era capace di attraversare la linea nemica. Almeno così diceva. I suoi racconti sembravano inverosimili, anche perché era solito vestirli di risvolti bizzarri, fantastici; per chi li ascoltava, a conti fatti, sembravano sfuggenti non meno delle anguille che era solito catturare nel torrente. In realtà erano del tutto veri, come poi ha testimoniato un ufficiale dell'esercito che lo ha conosciuto personalmente in trincea. 


LA FESTA DI SAN LORENZO

10 agosto 2019

Anche oggi le immagini della festa di san Lorenzo scorrono intense davanti agli sguardi dei fedeli: animate come sono da preghiere e canti, cavalli e cavalieri, bandiere, stendardi, banda musicale e, a ripetizione, spari a salve di fucile. In fondo, da oltre cinquant'anni, è una festa sopravvissuta alla scomparsa dei mulini e non solo. Forse anche per questo viene vissuta in un modo così partecipato, coinvolgente. Il simulacro del santo è stato appena portato in processione da fondo valle, dopo avervi sostato un giorno e una notte, sino al piazzale davanti chiesa. Qui viene celebrata la Messa. Alla presenza di tre sindaci. Oltre a quello di Osilo, ci sono anche quelli di Sennori e di Tergu, paesi confinanti. Segno che questa 57 comunità non si limita al solo borgo. Celebrata la Messa, all'aperto, la processione si dirige, preceduta dalla banda musicale, verso la Santa Croce che sovrasta, dall'alto di un bianco sperone roccioso, la valle in tutta la sua lunghezza. 

La festa di San Lorenzo è una celebrazione esaltata dall'entusiasmo delle persone più semplici, che segna un passaggio speciale, così profondo da attrarre anche molta gente dai paesi vicini. Nessuna finzione, nessuna ipocrisia culturale, non ci sono categorie che dividono brutalmente le persone, come spesso succede, ma uno spirito che unisce tutti, naturalmente. E' soltanto la tradizione che perpetua se stessa, la memoria che non si rassegna mai all'annientamento. Cantare e ballare insieme, mangiare e bere uno accanto all'altro, sotto lo sguardo del santo protettore, tutto fa pensare a una comunità in piena salute, ricca di risorse. Insomma, si direbbe la testimonianza di un tempo felice, dove non c'è nessuno che non si curi degli altri, dai più giovani ai più vecchi, che non condivida proprio tutto. Perciò, sono giorni durante i quali è facile credere che la vita conservi fedelmente il suo volto umano, la sua speranza quotidiana e per questo deve essere comunque festeggiata. 

In realtà, da più di cinquant'anni qui tutto è cambiato, tutto corre fatalmente verso la deriva di un tempo ignoto, che nessuno riesce più a prevedere. Dopo la certezza dei mulini, ci si chiede, quale sarà la nuova ragione di vita? 

                                               Il simulacro del santo in processione.


AI MARGINI DELLA STORIA

Vi sembrerà strano. Ma già da diversi anni pensavo di scrivere la favola di un torrente, quella del rio San Lorenzo. Insieme alla valle e ai suoi abitanti. Dove sono nato e dove, da qualche tempo, ritorno per spendere gli ultimi sussulti della mia esistenza. Ultimi, per questo ancora più tenaci, dall'aria trasognata, come quei minuscoli fuochi che, sballottati dal vento, divampano senza temere di spegnersi da un momento all'altro. Chissà se poi, innamorato della mia follia, sono approdato a una favola o invece a una storia. Forse, un po' a una e un po' all'altra. In fondo, a distinguere le categorie è quasi sempre un confine sottile, talvolta soltanto una convenzione, se non un peccato di presunzione.

Certo è che, col passare del tempo, i ruoli sono profondamente cambiati. A un certo punto non ero più io a raccontare il torrente, ma lui stesso. E anche a raccontare di me ci pensava lui. Ormai, era diventato la mia casa. Dove bastava la mia sola voce a mettere in comunicazione gli uomini e il torrente. Così la mia presenza é diventata sempre più discreta, quasi invisibile. Insomma, con un unico gesto, del tutto naturale e indolore, mi sono trasferito dal mio centro di vanità ai margini della storia, dove adesso mi trovo perfettamente a mio agio e senza rimpianti.

Ecco perché, all'interno di questa storia, i luoghi sono gli attori principali e insieme le voci narranti, in continuo rapporto fra di loro e con gli uomini. E sono sempre i luoghi a determinare il punto di vista degli eventi, quasi mai coincidente con quello umano, per questo la narrazione appare fatalmente visionaria e straniante.

Per oltre cinquant'anni, il torrente - rio San Lorenzo - è rimasto nel silenzioso abbandono di una valle dimenticata quasi da tutti, insieme ai trentasei mulini e alle tre gualchiere che l'hanno popolata per tanti secoli. Ma ecco che un mattino compaiono due ragazzi che, per la loro insolita curiosità e fantasia, sono decisamente diversi da tanti altri loro coetanei. Così diversi da riuscire a dialogare con il torrente e a farsi battezzare con due nomi del tutto nuovi, Molineddu e Falesia, presi in prestito dalla valle.


La falesia, la croce e le scalate.

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IL RACCONTO DI GRAZIANO DORE.

Nel 2012 ero nel pieno dell'attività per mettere i chiodi a San Lorenzo, ci andavo tutti i fine settimana e spesso finivo di notte; in pratica mettevo la resina in notturna con la torcia frontale, rimanendo delle ore appeso all'imbrago in parete. Un giorno invernale terminai poco prima della mezzanotte, presi cosi tanto freddo che non sentivo più né mani né piedi. Quella sera al mio rientro nella valletta del torrente di Óttula era tutto già bianco dalla brina. La notte ghiacciò. Trascurai ancor più lo studio all'Università per la mia seconda laurea in archeologia che infatti sarebbe arrivata solo nel 2016. Le ore di lavoro erano diventate qualche centinaio ma avevo creato un nuovo settore di arrampicata. 

Ogni linea di chiodi d'acciaio incastonati nel calcare avrebbe avuto un nome, un grado di difficoltà, una storia. Del resto, perché mai lasciare tutto nell'anonimato? Non erano forse delle creature anche loro, meritevoli di avere un nome? Occorre, mi sono detto, dare un nome alla falesia e così anche ad ogni itinerario tracciato sulla roccia. In quel periodo avevo letto la trilogia su Alessandro Magno di Valerio Massimo Manfredi. La figura del conquistatore macedone mi apparse in tutta la sua grandezza, quella di un condottiero che nonostante forze ìmpari riuscì a conquistare l'impero persiano fino a giungere alla valle del fiume Indo. Una campagna di guerra vittoriosa durata anni, inimmaginabile. Il nome che ho scelto per la falesia\settore fu "La stella Argeade". Fa riferimento ad una stella d'argento a 16 punte che simboleggiava la casata degli Argeadi alla quale apparteneva Alessandro. Le vie di arrampicata ruotano, dunque, attorno alle imprese dell'eroe macedone. Hanno i nomi delle battaglie (Isso, Gaugamela, l'assedio di Tiro), dei generali (Parmenione), delle donne (Rossane l'afgana), del cavallo (Bucefalo, a cui dedicò una nuova città: Bucefalia), di episodi (Le nozze di Susa: quando obbligò degli ufficiali macedoni a sposare delle donne persiane per unire i due popoli), di epiteti (Il figlio di Ammon, perché dopo la conquista dell'Egitto si fece designare come figlio del Dio dai sacerdoti; l'erede di Achille, perché lui si riteneva tale), dei nemici (Dario III di Persia; Memnone mercenario di valore) etc. Ora alla Stella Argeade si contano 40 vie di arrampicata. 

Tra il 2015 ed il 2018 ho scoperto e chiodato un altro piccolo settore nella zona di Sas Covatzas, poco prima del cimitero. Uno sperone di roccia altissima che si eleva per quasi 30 metri. Qui ci sono solo 5 vie di arrampicata (perché la roccia in altri punti non è compatta), ma in compenso le vie sono lunghe e di forte impatto scenografico. Questo piccolo settore l'ho denominato Badde Lontana in onore della canzone di Strinna. Nello stesso punto dove ci si arrampica ho anche attrezzato una calata spettacolare dall'alto che prende il nome di "Dove osano le farfalle". 

Sempre nel 2016 ho iniziato a chiodare il canyon che si trova dietro la croce che sovrasta il paese. Questo piccolo canyon è un ambiente arcano, incantevole. Si penetra da uno stretto pertugio dove devi camminare di lato. Una volta dentro, le pareti si distanziano e raggiungono i 15 metri di altezza..! E' un ambiente che offre un tipo di calcare particolarmente duro, marmoreo, dove solo poche piantine di parietaria vi sopravvivono. Infine, ho deciso di dedicare tutte le vie di arrampicata ad autori sardi e relative opere.

Ad oggi (fine dicembre 2019) sono ben 15 le vie all'interno del canyon, ma penso che arriverò almeno a 25. Ogni via mi ha richiesto, tra avvicinamento e chiodatura, circa 4 ore di lavoro. Per arrivare al canyon si passa davanti alla rupe con la croce; per anni ho fatto quel sentiero senza mai pensare che quel baluardo di roccia strapiombante si potesse attrezzare per la scalata. A metà dicembre mi calo con tanti dubbi sulla qualità della roccia e mi accorgo che invece tiene bene. Vedo una linea di arrampicata dal basso che segue lo spigolo sinistro della rupe, in forte strapiombo nella parte iniziale. L'estetica di questa via è formidabile: si domina il paese in basso, s'inquadra Conca 'e Omine, si è sovrastati dalla terrazza con la croce... insomma, un paesaggio estremamente suggestivo. 

Dopo questa via ne ho chiodato altre due a lato, molto più semplici, con un bel calcare grigio. Ormai a San Lorenzo, nel computo comprendente i tre settori (Stella Argeade, Badde Lontana, Canyon San Lorenzo), si contano circa 60 vie di arrampicata. I paesaggi sono particolarmente suggestivi, visti dall'alto alcuni scorci suscitano vivo stupore. Motivo per cui costituiscono inedite prospettive, nuove attrattive che impreziosiscono il borgo e appagano lo sguardo di chi le pratiche. Queste falesie, se ben pubblicizzate, potrebbero attrarre quei turisti arrampicatori che numerosi già scelgono la Sardegna per le loro vacanze. Ora, sempre più rassicurati, possiamo dire: "Le rocce di San Lorenzo non spaventano più, non le temiamo più... ora possono davvero piacere, domate come sono con chiodi e funi. Insomma, possono e devono diventare nostre amiche, persino preziose.

IL TORRENTE - Rio San Lorenzo - E LE SUE ANIME

I

Non so se lo accolsi per dovere o per abitudine, certo senza neanche un cenno di benvenuto. Era un mattino come migliaia di altri ne avevo già vissuto, così me lo sono preso in casa con il suo vuoto a rendere, senza aspettarmi niente. Quel mattino d'inizio settembre poteva essere di qualunque altra stagione, in un tempo che se ne frega del calendario e anche delle stagioni. Al solito, avevo messo in conto che mi avrebbe riservato un giorno fatalmente dominato dal silenzio, quello di una quiete sempre più vuota e solitaria. Una quiete confinata fra rocce e sambuco, assenzio e canneti dilaganti, ogni giorno in attesa che qualcuno sconvolga la sua monotonia.

Del resto, non sono che un torrente di anime antiche, dentro una valle sperduta, dove nascere e morire non fa differenza. Perciò, posso dedicarmi soltanto alle anime che abitano questa valle, alle loro vite minuscole, dimenticate. Anche perché io sono l'unico, a quanto pare, che vuole averne memoria, non potrei farne a meno. E io so che la memoria è la cura che non dovremmo mai negare ai nostri antenati.

Visto dai miei confini sempre più avari, era un mattino che non poteva promettermi neanche il più vago bagliore di novità. E nemmeno io, d'altronde, avvertivo dentro di me qualcosa di diverso alla partenza del mio viaggio quotidiano. L'esperienza, sempre allerta, ha buona memoria quando deve ricordarmi che ogni mio desiderio non vale più di uno sbuffo di vanità. Le mie storie soltanto cantilene di suoni. I miei sogni puntualmente infranti contro la realtà dell'alba. E i miei amici, mugnai e gualchierai, nell'esilio del loro tempo, sempre più lontano. Del loro passaggio non sono rimasti che pochi ruderi e qualche mulino senza acqua né frumento. Persino i cantadores a chitarra non si fermano più qui, anche le loro voci sono sempre più sole, come le mie.

Perciò, anche quel mattino io ero noiosamente lo stesso, intrappolato nella mia condanna da cinquant'anni a questa parte. La mia solitudine poteva ribollire discreta, oppure sguaiata, tanto nessuno e in nessun caso l'avrebbe mai ascoltata.

D'altronde, a chi vuoi che interessi il mio umore? Potrebbe essere di pietra o di terra, sapere di miele o di veleno, ugualmente non saprei da chi andare, la mia corsa non avrebbe alcuna meta. Proprio come questo giorno, e la maggior parte dei miei giorni, che pur volando su tutto e su tutti non trova un motivo per fermarsi, guardarsi amabilmente intorno, neanche per fare i conti con questo tempo, con il suo continuo navigare a vista. E poi, sguardo basso, senza pretese, mi chiedo se fra i tanti che si dicono innamorati della natura, ce n'è forse uno che sia mai venuto a chiedermi come sto, se ho bisogno di turisti o di amicizie, di vecchie o di nuove speranze. Soprattutto, se alla mia esistenza manca ancora qualcosa che sia semplicemente umano. Neppure delle mie anime, che un tempo erano le vostre, siete mai venuti a chiedermi.

Ecco perché non una delle mie gocce potrebbe mai sfiorare i pensieri di un uomo, figurarsi bagnarne interamente anche uno solo. Per fortuna, ho imparato a non farmi tentare da queste ambizioni. Non saprei cosa farmene. Per la verità, qualche volta mi sono lasciato prendere da una tentazione, quasi senza accorgermi, dalla tentazione di sentirmi, insieme alla valle, il tempio di tante storie perdute. Ma non io, solo loro, dovreste venerare.



Badde lontana - Pietro Pisano        

Non tutto muore

La foto qui sotto ritrae il rudere del mulino appartenuto alla famiglia Pisano, ormai invaso dalla natura. Fra queste mura è morto nella culla, il 20 marzo 1957, quando aveva appena 10 mesi, il bambino raccontato nella canzone Badde lontana, scritta da Antonio Strinna e Antonio Costa, nel 1972. Primo esecutore: I Bertas. Ne seguirono, con il passare del tempo, molti altri. In Sardegna, nella penisola e anche all'estero. 


                     Mulino San Lorenzo - Voce Narrante

     del romanzo IL SUPERSTITE DIMENTICATO


                      ESTERNO MULINO - LA RUOTA


Mulino di proprietà del Comune di Osilo, funzionante. Qui ha la sua sede l'Associazione Culturale Badde Lontana. E qui si svolgono le Giornate Europee dei Mulini Storici - AIAMS.

                            MULINO PISANO CARTA 

                                          NEL 1980


Mulino della famiglia Pisano Carta, foto del 1980. L'ultimo della valle. E anche l'ultimo a cessare la sua attività, fine anni '80. Nella foto il mugnaio Baingio Pisano, proprietario del mulino.